Martina Campi

00 (02) Fiona 1

Era una mattina di gennaio.
Tornavo dalla facoltà ed ero leggera leggera, perché un esame in meno mi pesava sullo stomaco. Matematica. Uno di quelli grossi. Gli stavo dietro da mesi.
Riaprivo gli occhi: e finalmente il mondo riprendeva a.
Tutto intorno a me tornava reale, lo potevo sentire, toccare. Respirare e c’era anche la neve, che cadeva giù dal cielo.
Grossi fiocchi di neve si posavano sulla mia mano e su ogni superficie: auto, balconi, pensiline, cestini, cassette postali.

Ed era vero, era tutto vero. Continuavo a ripetermelo, per crederci di più.
Ho preso il 20 per non bagnarmi i piedi e quando sono arrivata a casa c’era una musica bianca, come il prato del condominio.
Le mie coinquiline erano in cucina. Dal nostro sesto piano, stavano guardando giù, ascoltando La Sposa Occidentale di Battisti.

Per la prima volta da tanto tempo mi sentivo felice, il sogno si fondeva con la realtà ed era tutto per me. Avevo fretta di vivere. Sono andata sulla terrazza, piena di neve. Il tavolino di plastica si era rovesciato, e anche una sedia. Ho preso un po’ di neve e ne ho fatto una palla. L’ho tirata contro il vetro dietro cui stavano le due facce delle mie coinquiline e quando si è spiaccicata ho cominciato a ridere. Non mi fermavo più. Ero dietro una scia di luce bianca e volavo, volavo. Volavo lontano, dove vanno le nuvole e gli aeroplani non possono arrivare.
Ed era tutto quello che volevo, quello stare bene.
Sono uscite anche loro.

Siamo scese nel prato dietro casa, quello tra i condomini e la ferrovia. Dove di notte ci vanno le prostitute, ed il prato di solito è disseminato di preservativi usati. Adesso tutto era bianco. Tutto era liscio, morbido.
Qualche volta abbiamo spiato in silenzio quegli incontri notturni.

Una volta vedemmo qualcuno scavare una buca, accanto ad un cespuglio. Era stato un uomo a chinarsi e scavare, mentre nel frattempo, la donna era rimasta distante, accanto all’auto, a fumarsi una sigaretta.
Il giorno seguente andammo a verificare, ma non trovammo niente di niente.
A parte i soliti preservativi usati ed un piccione morto.
 Ma quel giorno, con la neve, il prato era bellissimo, tutto era bellissimo. Era magico. Periferia ricoperta di bianco.

È per questo che mi dicono sognatrice.
O anche pazza. Come quel giorno che andai da una zingara per farmi predire il futuro.

Non avevo soldi con me, solo un pacchetto di sigarette comprato apposta per lei. Solo che la zingara invece aveva voluto i soldi, dopo avermi parlato di un aborto. Così dovetti correre via. Con il cuore che mi martellava nel petto, dovetti scampare le sue maledizioni, per poi tornare la settimana dopo con i soldi, dato che non ci dormivo più la notte.

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