Martina Campi

00 (06) Daria 1

Discutere mi destabilizza, non scherzo.
Mi ricorda che non interesso. Che nessuno mi vuole bene.
Ama stare in mia compagnia. Troppo silenziosa, troppo riservata. I ragazzi non mi notano neanche.
Le amiche non mi sostengono.
Le coinquiline mi danno per scontata.
Ai miei genitori sono indifferente.

Quella sera eravamo al Fumiginoso: era la mia serata preferita, quella dei bigliettini. Ne avevo scritti a decine, tutte risposte per le mie coinquiline -in particolare per Rosy, la mistress tettona. Tutti i maschi le strisciano dietro, mentre lei li calpesta con sguardi che promettono e poi ride, guardando per aria.
È senza pietà, veramente- E per me quante? Una?
Sì, è vero, ci siamo scambiati il numero. Con quel ragazzo poi ci siamo anche visti. Non era malaccio, ma è finita lì.
Un gelato, una passeggiata sotto i portici. E poi a casa.
Sola, come sempre.
Ho ancora il suo bigliettino esistenziale qui, da qualche parte. Scriveva molto meglio di quanto parlasse.

I miei libri sono la certezza. Lo studio.
E adesso questa discussione, con Rosy, sempre lei.
Va beh che tra un po’ cambia casa e se ne va, ma non la sopporto più. Ha rovinato il clima che c’era qui dentro, non scherzo. Che ci posso fare se non la sopporto? Davvero io non la sopporto quella Rosy la mistress tettona.
Vuole tutta l’attenzione su di sé. Sempre. Costantemente. Concentrata su di sé. E intanto continua a sparare le sue scemenze, non la sopporto.
L’ho lasciata lì, a parlare al corridoio vuoto. Sul serio, me ne sono andata. Ho preso il mio piatto di puré e me ne sono venuta in camera, a finirlo. Perché non ce la facevo proprio più a starla a sentire, mi stava mandando la cena di traverso.
E lei che fa? Che fa lei? Si sente offesa e mi viene dietro.
Io non ho voglia di parlare. Non ho voglia di dirle che non vedo l’ora che esca da quella porta per non vederla mai più. Non ne ho voglia, non mi interessa.

Volevo solo mangiare la mia cena e vedermi La Tata in santa pace, ma lei no, lei doveva continuare a parlare di questo e di quello e di quest’altro. Quanto è figo questo, quanto scopa bene quello…e basta! Ma che me ne importa. Ma lasciami in pace, invece di abbassare il volume. E che cavolo!
E adesso: mi bussa alla porta e vuole un chiarimento: Non si va via così, mentre uno ti sta parlando. Non è bello.
Che scocciatura.
Mi tocca dirle che dividiamo solamente un tetto. Un tetto e basta, non per questo dobbiamo essere amiche.
Tocca dirle che mi importa niente di quello che fa, che non me lo racconti, come io non racconto a lei quello che faccio io, perché non abbiamo niente altro da condividere, che non sia questo tetto. E ancora per poco.
Poi se ne va, forse è rimasta senza parole. Chiude la porta.

E io resto qui, il piatto vuoto, ad aprire il libro e ripassare.

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